Il futuro del retail è omnichannel

L’ecommerce fa paura. È indiscusso: chiunque, come me, abbia esperienza di retail tradizionale conosce bene la realtà dei fatti. Da un lato viviamo (tutti, commercianti compresi) in una società che entra ed esce in modo totalmente trasparente dal digitale al reale in un ciclo di interazione senza fine. Dall’altro, quando ci troviamo a fare strategie e prendere decisioni da imprenditori tendiamo a ragionare per compartimenti stagni. E così l’ecommerce diventa la scusa a cui appellarsi per ogni flessione di fatturato; per ogni problematica con la vendita, per ogni propria incapacità nel gestire in modo corretto l’evoluzione del mercato. In questo contesto, qual è il futuro del retail?

Opero come consulente di marketing esperta di retail (retail ottico, per lo più, ma non solo) da quasi 20 anni ormai e da sempre mi occupo di portare le tecnologie digitali nell’ambito delle imprese commerciali. Ho iniziato con la posta elettronica, poi il web, poi i social. Oggi il bivio è proprio qui, sull’ecommerce.

La crescita dell’ecommerce non è un pericolo per i negozi tradizionali

Il commercio elettronico cresce mentre i numeri del retail tradizionale sono meno rassicuranti e tutti, proprio tutti, vedono questa cosa come una guerra tra i cari, vecchi, buoni, negozianti locali e i “cattivoni” del web.

Ma siamo sicuri che la verità sia questa? Che i negozi tradizionali siano destinati a scomparire schiacciati sotto il peso delle transazioni elettroniche?

No, io non credo sia questo il futuro del retail.

In primo luogo bisogna osservare cosa succede nel mondo.

Quasi tutte le società nate con focalizzazione sul commercio elettronico, a un certo punto decidono di aprire negozi fisici. Nel settore dell’ottica posso citare Warby Parker (che ha aperto una propria catena di centri ottici negli Stati Uniti); oppure Hawkers, linea di occhiali da sole che – dopo un successo stellare e una cessione multimilionaria – si sta concentrando sulla distribuzione al trade. In generale gli esempi si sprecano su ogni mercato e qualcosa ci dicono.

L’orientamento focalizzato esclusivamente sull’ecommerce a lungo termine non basta; quando il valore del brand sale, quando il coinvolgimento emotivo diventa forte, allora è necessario fornire al cliente anche un luogo fisico, non solo visto come luogo per gli acquisti ma come piattaforma relazionale forte per il proprio mercato. (Il contatto fisico è e rimarrà sempre, la prima e più profonda leva relazionale).

In secondo luogo, bisogna ragionare sulle vere leve che orientano il comportamento d’acquisto dei consumatori oggi.

Mentre tutto il commercio tradizionale si affligge sul proprio catastrofico destino, in pochi si focalizzano su ciò che fa davvero la differenza. La verità raccontata dalle statistiche e anche dalla banale analisi della vita quotidiana di ognuno di noi, ci dice che ciò che veramente è cambiato negli ultimi anni non è soltanto la disponibilità dei canali ecommerce ma la disponibilità delle informazioni online. Un po’ come dire che guardiamo il dito anziché la luna. La vera rivoluzione per il futuro del retail non è che la gente compra online; è che la gente decide online.

La decisione di acquisto avviene online

La battaglia che il commercio tradizionale rischia di perdere è quella della presenza efficace sui canali digitali, che non comprende, non utilizza adeguatamente. I canali digitali hanno completamente modificato la customer journey del cliente.

Bisogna osservare il consumatore nella sua vita quotidiana, nel nuovo modo in cui usa il proprio tempo; e nel nuovo rapporto che ha con gli acquisti e con i propri “fornitori”.

Il web con i social e tutto il resto, nel momento in cui sono diventati mobili e quindi onnipresenti, hanno reso possibile la creazione di un mercato che si avvicina in modo incredibile al meccanismo della concorrenza perfetta. Se desidero acquistare qualcosa posso confrontare l’offerta a livello globale; posso rilevare le opinioni di altre persone che mi somigliano e capire di più di chi mi sta facendo una determinata proposta in un determinato momento.

Ritorna quindi un elemento che è fondamentale nel definire il successo di un’impresa commerciale, di qualunque tipo: il valore di marketing.

Il valore di marketing

Il cliente acquista nel momento in cui la differenza tra benefici (funzionali ed emozionali) e costi (monetari ed emozionali) è favorevole. Noi compriamo quando percepiamo (in modo per lo più inconscio) che ciò che otteniamo è più di ciò a cui stiamo rinunciando.

Valore di marketing = Benefici – Costi

In questa equazione il valore economico, ovvero il prezzo, è solo una delle componenti. Spesso non è la più rilevante. E per lo più ha come contraltare i benefici puramente funzionali del prodotto stesso.

Per capirci: se ho bisogno di una penna per scrivere e non ricerco (o non trovo) alcun beneficio emozionale nel prodotto o nell’esperienza d’acquisto, sceglierò in base a criteri di economicità il prodotto che mi costa meno (prezzo d’acquisto + tempo e impegno per ottenere il prodotto).

Ma se per me quella penna rappresenta un oggetto più significativo da un punto di vista emozionale, il costo che sono disposta a pagare salirà proporzionalmente al valore intrinseco di quel prodotto o di quella esperienza d’acquisto.

Questo è il motivo per cui bisognerebbe uscire dalla bugia per cui noi acquistiamo razionalmente, per cui è possibile che convivano nello stesso mercato (e spesso sulle stesse scrivanie) penne che costano pochi centesimi e penne quotate per svariate migliaia di euro.

Siamo a una svolta per il futuro del retail

Ci troviamo, quindi, sicuramente in un momento di svolta e di cambiamento molto profondo dei meccanismi del retail.

  • Il commercio elettronico è in questo ancora giovane; e per lo più risponde alla sfida della concorrenza perfetta semplicemente attuando politiche di prezzo e di convenienza.
  • Il retail tradizionale cerca di rincorrere questo fenomeno utilizzando le stesse strategie.

Per entrambi, nel medio termine, questa strategia è perdente. Ridurre clamorosamente i propri margini è qualcosa che prima o dopo va a discapito dell’azienda e, soprattutto, del mercato. Le aziende che guadagnano troppo poco sulle proprie transazioni non possono investire in servizio, in customer experience, in ricerca, in emozioni insomma. Quelle stesse emozioni che guidano e rendono gratificante lo shopping.

La soluzione per vendere non è abbassare i prezzi

A mio parere la strada giusta, quella che solo gli imprenditori più evoluti e più oculati stanno iniziando a perseguire, è basata su tre aspetti fondamentali:

  1. Vedere il commercio elettronico non come un’alternativa ma come un nuovo luogo, una nuova dimensione dell’acquisto. Il mondo digitale è a tutti gli effetti un luogo (anche se virtuale) dove tutti noi trascorriamo molto tempo; impariamo, ci relazioniamo con il nostro mondo, ci emozioniamo. Come persone viviamo in costante interazione tra queste due dimensioni, che si integrano non si combattono.
  2. Iniziare a pensare al proprio posizionamento competitivo in termini di distintività e non di concorrenza sul prezzo. Soprattutto per le piccole imprese l’ambito in cui si può vincere è sempre la specializzazione (offrire un mix di prodotto unico per caratteristiche funzionali o per valori rappresentati).
  3. Investire nel branding e nelle relazioni, creando occasioni di incontro per chi opera nell’ecommerce ed essendo presenti nel mondo digitale (proprio lì, nel momento in cui le persone decidono) per chi ha attività tradizionali.

Nello sviluppo di questi 3 punti sta il futuro del retail.

Serve una presenza digital forte e orientata alla relazione personale

Per tutti coloro che operano nel retail tradizionale, quindi, pensare a una presenza digital forte e orientata alla relazione personale è fondamentale; è uno strumento per la creazione di un brand forte e significativo e per raccontare la propria distintività; magari integrando una piattaforma ecommerce pensata come strumento di servizio al cliente (abbiamo i negozi, ma siamo a tua disposizione anche online), di simulazione di acquisto, di possibilità di interagire con l’azienda nei momenti in cui per forza di cose il negozio è chiuso oppure la persona si trova impossibilitata a muoversi.

Per tutti coloro che sono nati come “commercianti elettronici” il mio invito è di:

  • ricercare la propria competitività nel proporre servizi innovativi e non solo sconti
  • agevolare il cliente alla ricerca di qualcosa di speciale e personalizzato
  • e soprattutto non vedere l’ecommerce come un modo per aggirare la relazione personale che è, e rimarrà sempre, il fulcro di ogni attività umana, a maggior ragione se di tipo persuasivo.

La battaglia dello sconto, come la concorrenza basata sull’ampiezza dell’assortimento, è vinta in partenza dai colossi. Ma la relazione personale, il brand, la competenza specifica, la capacità di personalizzare e ascoltare il cliente sono leve che possono essere azionate solo dalle piccole imprese, dove le persone hanno un nome e non una matricola.

Ed è in quell’area che ci si deve concentrare, non dimenticando di aggiungere un po’ di strette di mano al posizionamento sui motori di ricerca.

Il futuro del retail è nella capacità di creare relazioni

Ciò che spesso invito a fare è ragionare un po’ meno sulle statistiche e concentrarsi di più sugli elementi umani. Soprattutto quando si tratta di piccole e medie imprese, il successo economico si basa sui numeri piccoli, che sono fortemente condizionati dalla capacità di creare relazioni.

La distintività dell’offerta commerciale è il primo e obbligatorio passo per un posizionamento vincente. E l’unica cosa che può considerarsi, davvero, unica è il rapporto tra persona e persona.

 

Articolo scritto per il blog di Shopify